Agon: E’ il primo esempio di delocalizzazione televisiva per abbattere i costi

Periferia di Tirana. Zona industriale. Tra gli agglomerati di capannoni ne spicca uno variopinto: benvenuti negli studi di Agon Channel. Agon che? Avete già digitato 33 sul telecomando? Da qualche giorno c’è un nuovo canale, si chiama Agon Channel Italia ci trasmette in italiano… dall’Albania. Non sfregatevi gli occhi per lo stupore. Trattasi di delocalizzazione. Parola ben nota tra gli imprenditori del made in Italy, dall’abbigliamento griffato alle auto, i quali, sostenendo di non reggere più costo del lavoro e tasse nel nostro Paese, spostano una parte della produzione all’estero, per poi reimportare il prodotto finito. Questo meccanismo ora coinvolge pure la Tv. E i vip. Che vanno a Tirana, un’ora e mezza di volo dall’Italia (più comodo che il pendolarismo Roma-Mila- no, credeteci), e lì realizzano le trasmissioni. Il risultato finito lo guardiamo comodi dal divano di casa: programmi coi fiocchi in studi che nulla hanno da invidiare a quelli delle corazzate Rai e Mediaset. Grandi e tecnologici. L’ideatore di questo nuovo modo di fare Tv è l’imprenditore romano Francesco Becchetti, uomo dei rifiuti e delle energie rinnovabili (con Becchetti energy group). Per molti un nuovo Berlusconi, vista l’aria frizzante che si respira nei suoi studi, come a Cologno Monzese negli anni Ottanta. Sembra, però, che lui non apprezzi gli accostamenti e a Gente racconta: «Sono arrivato in Albania venti anni fa per investire in una terra che allora era inesplorata, poi sono diventato anche editore, ho fondato un giornale, Agon free press, e infine ho creato una Tv». Già, perché prima di Agon Channel Italia è nato nel 2013 Agon Channel Albania. Un fenomeno. In un lampo è diventato uno dei tre canali più seguiti e ha fatto parlare di sé in Italia per le cosiddette “fotocopie”: Strìscia la notizia- Qha tu…?!, Che tempo che fa-A Krasta show… «Una provocazione per dimostrare che potevamo fare programmi di qualità a prezzi molto contenuti», sentenzia Becchetti. «Al massimo, poi, una fotocopia di una fotocopia». «In Italia manca una norma specifica che protegge il format», spiega Vincenzo France- schelli, docente di Diritto privato e Diritto della comunicazione all’Università di Milano Bicocca. «Tutto rientra nell’articolo 1 della legge sul diritto d’autore, che tutela le opere dell’ingegno di carattere creativo. Siccome la legge non è precisa, dà adito a interpretazioni. Un’eventuale causa per una trasmissione clonata non sarebbe possibile in Italia, ma soltanto in Albania, e lì si aprirebbero altri scenari legali». Come dire, chi copia non corre rischi e se li corre sa che in Albania tutto finirebbe a tarallucci e vino. La prova? Nessuno da Mediaset e Rai si è mosso con gli avvocati per fermare la clonazione di programmi. E poi non è tutto copia-incolla. Anzi. «Per il canale albanese produciamo ben 24 format», spiega Sonila Mego, 36 anni, direttore delle news e curatrice dell’intrattenimento. Lei è l’alter ego albanese della Ferilli, visto che conduce Kontrata, Con- tratto, il talk show che per l’Italia sarà di Sabrina. Primi ospiti: Christian De Sica, Walter Veltroni e Giorgia Meloni. Lei, Sonila, diventerà un volto noto anche da noi: sarà al timone di La fortuna fa 90, un gioco tipo il 7 e mezzo a carte. Fiore all’occhiello del palinsesto quiz, Una canzone per 100.000, ideato e condotto da Pupo, che mette in palio ogni giorno fino a 100 mila euro. «Daremo del filo da torcere al classico preserale», dice lui entusiasta. Non è un addio al piccolo schermo tricolore quello dei cantante di Su di noi (si vocifera che farà il Capodanno di Raiuno), piuttosto «voglia di sperimentare, dove c’è spazio per farlo. In Italia la Tv generalista non azzarda, sceglie format consolidati». Ed è anche questione di cachet: guai a chiedere la cifra, ma Pupo ammette che «qui pagano meglio». Non può che essere così, visto che la Tv è stata battezzata alle 21 di mercoledì 26 novembre, con una madrina d’eccezione: Nicole Kidman. I programmi veri e propri partono il 1° dicembre. Dieci le edizioni del Tg diretto da Antonio Caprarica («Uno sguardo internazionale sul mondo»), che farà anche l’approfondimento con Times Square. Un altro approfondimento sarà affidato a Luisella Costamagna. Poi ce il talent My Bodyguard guidato da Maddalena Corvaglia, e quello sul calcio, Leyton Orìent, dal nome della squadra inglese di cui è proprietario Becchetti. E ancora: un reality sulle modelle e una soap opera. «Per ora la compriamo dalla Francia ma l’intenzione è di produrla», anticipa Maurizio Palladino, coordinatore del palinsesto, mentre Becchetti svela il suo sogno: «Un talent che concorra ad armi pari con Maria De Filippi. Ci proveremo». A disposizione, a Tirana, tre studi da far ruotare con organizzazione teutonica tra i programmi italiani e albanesi, due sale regia, una mensa sempre aperta, 18 sale di montaggio, una decina parcheggiate in container perché lo spazio già non basta più per i 450 dipendenti (una cinquantina gli italiani) che lavorano nei due canali Tv, con due società, una con sede fiscale in Italia, l’altra in Albania. «Realizzare programmi qui costa meno», dice Becchetti, che ha investito 40 milioni di euro su tutto il progetto, di cui 25 solo per il canale italiano. «Stiamo comunque riconoscendo al personale albanese stipendi più alti rispetto alla media del Paese». Che si aggira, la media, sui 250- 300 euro mensili. Cifra che un montatore in Italia prende in meno di una giornata. E se un programma in studio, ci spiega un produttore di lungo corso, in Italia costa 40 mila euro (ad esempio, un mattinale su una rete di punta), mentre si arriva a 300 mila e oltre per i talent serali che piacciono tanto ai ragazzi, in Albania la cifra è “dieci volte inferiore”, ammettono da Tirana. Se si aggiunge una tassazione decisamente meno mordente, il salvadanaio resta pieno. Per investire su star, autori, produttori e altro personale italiano di alto livello. Sul carrozzone di Agon sono in tanti a volere salire. Per ora l’ultimo posto se l’è preso Simona Ventura. Agon, non a caso, significa albeggiare. L’alba di una nuova Tv. Low-cost. A basso costo. A grande resa? Lo deciderà la pubblicità («Il mercato televisivo ha avuto una flessione, ma stiamo pur sempre parlando di 8 miliardi di euro», dice Becchetti). E i telespettatori. Sovrani. Con l’arma del telecomando. www.investo.al

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